Riprendiamoci la Cassa

di Marco Bersani (Attac Italia)


La Cassa depositi e prestiti rappresenta uno dei soggetti principali nel processo di privatizzazione dei beni pubblici. A Bologna è proprietaria di tre ex caserme (Sani, Mazzoni e Masini), per le quali ha stipulato un accordo con il Comune che prevede la costruzione di abitazioni, alberghi, parcheggi, supermercati e la distruzione di ampie superfici verdi. Abbiamo chiesto a Marco Bersani di raccontare cosa è Cassa depositi e prestiti e come il suo ruolo originario è radicalmente mutato dopo la sua privatizzazione.


Proviamo ad immaginare.

Una comunità territoriale, grazie al bilancio partecipativo, sceglie democraticamente le priorità d’intervento tra le opere da realizzare nel proprio territorio.

Le opere scelte – un asilo nido, un parco, la messa a norma degli edifici scolastici, la sistemazione idrogeologica del territorio, la ristrutturazione della rete idrica etc. – vengono finanziate attraverso il risparmio degli abitanti depositato in libretti postali e buoni fruttiferi e consegnato alla Cassa Depositi e Prestiti territoriale.

Poiché questi risparmi hanno un rendimento minimo, la Cassa Depositi e Prestiti territoriale potrà finanziare gli interventi con un tasso altrettanto minimo.

La comunità territoriale, proprio perché ha partecipato direttamente alle scelte sulle priorità d’intervento e le ha finanziate con il risparmio dei propri membri, avrà una naturale propensione a controllare che tempi e qualità delle opere realizzate siano le migliori possibili, evitando di per sé sprechi e corruttele.

Avremmo così ottenuto: un aumento della partecipazione e della democrazia basata sull’autogoverno; la realizzazione di opere che abbiano come finalità l’interesse generale; la possibilità di finanziarne la realizzazione fuori dal circuito speculativo del mondo bancario e finanziario; l’aumento del controllo democratico sulle procedure e i lavori di realizzazione, con la conseguente diminuzione di corruzione e sprechi; un’aumentata coesione sociale.

Un circuito virtuoso che potrebbe avvalersi degli oltre 275 miliardi di risparmi che cittadine e cittadini italiani già oggi affidano a Cassa Depositi e Prestiti, ma che vengono utilizzati in tutt’altra direzione e per ben differenti scopi.

Dalla sua istituzione, nel 1850, e per oltre un secolo e mezzo, Cassa Depositi e Prestiti ha avuto un unico compito di enorme utilità sociale: raccogliere e tutelare i risparmi dei cittadini e utilizzare questa enorme massa di denaro per finanziare a tassi agevolati gli investimenti degli enti locali.

Fino al 1990 questa era l’unica ed esclusiva modalità di finanziamento cui i Comuni potevano accedere.

L’avvento delle politiche liberiste ha investito in primo luogo tutto il sistema del credito e in breve tempo l’intero sistema bancario del Paese è stato privatizzato. A quel punto le banche private premettero sui governi per poter entrare dentro un enorme mercato da cui erano escluse: gli investimenti degli enti locali.

È così che, a partire dal 1990, si apre la possibilità ai Comuni di accedere al mercato per potersi finanziare, per arrivare, nel 2003 alla trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in Spa, modificandone profondamente natura e missione.

Da quel momento, Cassa Depositi e Prestiti dismette i panni di soggetto pubblico al servizio dei Comuni e diviene un soggetto di mercato che compete con le banche.

I finanziamenti degli investimenti degli enti locali diventano normali operazioni con tassi di interesse stabiliti dal mercato, e molti Comuni, ancora oggi, si trovano i bilanci gravati da mutui accesi due-tre decenni fa, con tassi di interesse divenuti da “usura”.

Sempre da quel momento il perimetro d’azione di Cassa Depositi e Prestiti si è ampliato a dismisura sino a farla diventare una sorta di “fondo sovrano” non dichiarato che interviene su tutti i settori dell’economia.

Quando parte la stagione della dismissione della ricchezza collettiva in mano ai Comuni, Cassa Depositi e Prestiti si trasforma in partner dei Comuni nella “valorizzazione” del patrimonio pubblico in vendita e in leva finanziaria per la privatizzazione dei servizi pubblici locali, favorendo i processi di aggregazione e accentramento nelle multiutility collocate in Borsa.

Si giunge così alla paradossale chiusura del cerchio: il risparmio dei cittadini viene utilizzato per favorire l’espropriazione degli stessi, sottraendo loro territorio, patrimonio pubblico, beni comuni e servizi pubblici locali.

La battaglia per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti è dunque fondamentale, da una parte per fermare l’utilizzo dei risparmi delle persone contro i diritti delle stesse; dall’altra, per mettere quelle ingenti risorse al servizio di un altro modello di Comune e di città, socialmente ed ecologicamente orientato.

Una battaglia necessaria, che poggia su alcune riflessioni e domande:

1. La natura dibene comunedella Cassa Depositi e Prestiti risulta evidente dalla semplice considerazione sulla provenienza del suo ingente patrimonio, che per oltre l’80% deriva dalla raccolta postale, ovvero è il frutto del risparmio degli abitanti di questo Paese.

Tale natura è del resto anche giuridicamente sostenuta dall’art.10 del D. M. Economia del 6 ottobre 2004 (decreto attuativo della trasformazione della Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni) che così recita : “I finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti rivolti a Stato, Regioni, Enti Locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico, costituiscono ‘servizio di interesse economico generale’“.

2. Il paradosso risiede nel fatto che, mentre si afferma ciò, la Cassa Depositi e Prestiti è stata trasformata in una società per azioni a capitale misto, la cui parte privata è appannaggio delle fondazioni bancarie. Diventa inevitabile la seguente domanda: come possono un ente di diritto privato (tale è la Spa) e soggetti di diritto privato presenti al suo interno, come le fondazioni bancarie, decidere per l’interesse generale?

3. Pur continuando la Cassa Depositi e Prestiti a mantenere, tra i settori principali delle proprie attività, quello “tradizionale” relativo al finanziamento degli investimenti degli enti pubblici, con la trasformazione in Spa, questa attività deve avvenire “assicurando un adeguato ritorno economico agli azionisti”-

Come recita l’art. 30 dello Statuto della società “Gli utili netti annuali risultanti dal bilancio […] saranno assegnati […] alle azioni ordinarie e privilegiate in proporzione al capitale da ciascuna di esse rappresentato”. E le relazioni societarie annuali dichiarano con soddisfazione la chiusura dei bilanci con importanti utili netti, nonché il fatto di aver garantito agli azionisti, dall’avvenuta privatizzazione ad oggi, rendimenti medi annui ben superiori al 10%.

Se l’unità di misura delle scelte di investimento è la redditività economica delle stesse, non diviene evidente il “vulnus” di democrazia rispetto alla loro qualifica di servizio di primario interesse pubblico?

4. Cassa Depositi e Prestiti, da ente con primaria funzione pubblica e sociale è nel tempo divenuta una sorta di “fondo sovrano” che agisce ed interviene in tutti i settori dell’economia e della finanza del Paese. Questa gigantesca trasformazione comporta anch’essa un’ineludibile questione: si può lasciar decidere la strategia industriale di un Paese a una società di diritto privato, libera di perseguire i propri interessi di profitto, qualunque essi siano, nei settori che appaiono più interessanti e senza vincoli di alcun tipo?

E ancora: se questo è il ruolo attuale della Cassa Depositi e Prestiti, è accettabile che le priorità di intervento nel sistema industriale ed economico del Paese non vengano stabilite nelle sedi deputate (il Parlamento) e che i mezzi per perseguirle escano dal controllo pubblico?

5. Con la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in Spa si pongono problemi rilevanti di diritto all’informazione e di diritto alla partecipazione alle scelte di destinazione degli investimenti.

Se infatti per 150 anni la destinazione al finanziamento degli investimenti degli enti locali territoriali era univoca, conosciuta e condivisa dai detentori dei risparmi, con la trasformazione di Cassa Depositi e Prestiti in società per azioni nasce una questione ineludibile di democrazia partecipativa: i detentori e le detentrici dei risparmi devono avere voce sulla destinazione dei soldi prestati e partecipare all’indirizzo delle scelte sugli investimenti da intraprendere, ad esempio ponendo vincoli di destinazione a finalità sociali ed ambientali degli stessi.

6. In seguito a modifiche statutarie intervenute successivamente alla privatizzazione, il risparmio postale dei cittadini può oggi essere utilizzato anche per il finanziamento di interventi privati. Naturalmente, essendo il risparmio garantito dallo Stato, nessun individuo vede messo a rischio il risparmio individuale depositato. Tuttavia, una riflessione è inevitabile: in caso di finanziamenti di iniziative private che dovessero fallire, la garanzia di copertura dello Stato sul risparmio individuale si tradurrebbe in aumento del debito pubblico (ovvero sarebbe ugualmente scaricata sui cittadini).


Per approfondire, suggeriamo la lettura di questo articolo di Marco Bersani sulla storia di Cassa depositi e prestiti dalla fondazione ad oggi.

Inoltre segnaliamo la campagna “Riprendiamoci il Comune” a sostegno di due proposte di legge di iniziativa popolare per la socializzazione di Cassa depositi e prestiti e per la riforma della finanza locale.