Un Parco per chi? La riqualificazione “green” che consuma suolo nel Parco della Montagnola

Il Parco della Montagnola di Bologna, il più antico nonché l’ unico parco pubblico del centro cittadino, è attualmente oggetto di un intervento di riqualificazione che consiste nella ricostruzione del grande padiglione centrale, da sempre dedicato ad attività sociali e ricreative, collocato nell’area più utilizzata del giardino. L’intervento è stato approvato e avviato all’improvviso, senza alcuna consultazione pubblica dei cittadini che il Parco lo vivono né del Comitato Free Montagnola, che da anni promuove la qualificazione delle attività all’interno del giardino comunale, che sono stati interpellati solo a cose fatte in perfetto stile partecipativo alla bolognese. Davanti alle proteste dei cittadini e alla richiesta di interventi di manutenzione  da tempo più urgenti e necessari, l’Amministrazione comunale è rimasta inamovibile, realizzando l’ennesimo esempio di manipolazione dei parametri – in questo caso di ‘consumo di suolo’- e degli strumenti amministrativi a vantaggio di politiche aggressive e impositive sul territorio e sui cittadini.
In questo articolo di Chiara Affronte, attivista del Comitato Free Montagnola, si parla di questa vicenda.

Il comitato Free Montagnola nasce per ‘restituire’ il parco ai cittadini e alle cittadine promuovendo attività all’ interno del Parco della Montagnola di Bologna


«Per consumo di suolo si intende qualsiasi tipo di copertura artificiale, ovvero qualsiasi suolo agricolo o naturale che viene convertito in infrastruttura; anche piazzali e cantieri, come indicato dal monitoraggio europeo».
Non ci sono dubbi per l’ingegnere Michele Munafò, ricercatore ad ISPRA – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il quale commenta il report sul consumo di suolo in Italia (uscito in mezzo all’estate), da cui emerge che l’Emilia Romagna è terza per incremento annuale. Munafò chiarisce ulteriormente: «Il monitoraggio viene fatto con telecamere aeree che quindi fotografano ogni copertura, ogni estensione non naturale, ogni tettoia», spiega. Ecco perché anche l’edificio green progettato dall’architetto Mario Cucinella per il Comune di Bologna in Montagnola – che l’amministrazione insiste nel definire “verde”- consuma suolo, per l’Europa.

La petizione Non toccare il Verde

Lo sostengono da tempo i cittadini e le cittadine che hanno lanciato la petizione contro quella costruzione, convinti del fatto che i due milioni di euro stanziati per una struttura simile avrebbero dovuto essere utilizzati per la cura del parco, per arricchirlo di strutture innovative, inclusive e moderne, arredi e percorsi vita destinati all’attività all’aperto di persone appartenenti ad ogni fascia di età, adulti, anziani, adolescenti e bambini. Tuttavia, consapevoli del fatto che la cifra già impegnata è legata a risorse provenienti dal PNRR, chiedono con forza che si faccia il possibile per ripensare la decisione o che almeno l’edificio non superi le dimensioni della superficie sulla quale si trovava la vecchia tensostruttura: resti, quindi, nei 380 metri quadri e non arrivi ai 520 previsti dal progetto.

Una richiesta che ha un peso ancora più forte se si riflette sul cambiamento climatico in atto, per i firmatari della petizione che in poche settimane a giugno ha superato le mille firme. Perché – visto da quest’ottica – un edificio nuovo e più grande è in controtendenza rispetto alle emergenze attuali: «Rifiutiamo ogni logica di greenwashing; ingiustificabile il consumo di suolo in tempi in cui si dovrebbe aumentare il verde e non toglierlo», si legge nella petizione. Al suo interno si spiega chiaramente che «la Montagnola è il polmone di una zona della città che non ha altro verde disponibile: aumentare la superficie edificata per una struttura di cui oggi non si conosce la finalità concreta ci pare in controtendenza rispetto a ciò che l’Europa e l’emergenza ambientale richiedono».

Un edificio non è un prato!

L’Amministrazione, dal canto suo, continua – per l’appunto – a definire la struttura “verde”, adducendo come motivazione il fatto che buona parte dell’edificio non sarà effettivamente chiusa, ma sarà percorribile, attraversabile, perché costituita da sola tettoia e il terreno sottostante resterà permeabile. Ma permeabile non significa fruibile allo stesso modo di un prato: non sarà verde, insomma. Su questo punto Munafò fa chiarezza: «Anche se la tettoia è meno impattante, per il monitoraggio stabilito a livello europeo, questo è suolo consumato».

Il fraintendimento normativo sul consumo di suolo

Il “fraintendimento” sorge dal fatto che non esiste una normativa nazionale. Inoltre, «nelle leggi regionali (nel caso delle Regioni che hanno normato su questo tema), sono previste molte deroghe -fa sapere ancora Munafò. Si sostiene, ad esempio, che le infrastrutture strategiche non debbano essere conteggiate nel consumo di suolo oppure che quanto viene fatto all’interno del tessuto urbano non è consumo di suolo, o che laddove gli strumenti urbanistici  identifichino delle aree come edificabili, se poi in futuro si costruisce, quello, di nuovo, non è consumo di suolo perché era già consumato». Ma, chiarisce l’ingegnere di ISPRA: «Non si considera che, quando avviene la trasformazione, si crea un impatto ambientale, cioè consumo di suolo, appunto, per il nostro monitoraggio». Ecco perché «molti Comuni si trovano a seguire queste indicazioni che non sono proprio coerenti con la finalità di tutela di una risorsa ambientale, soprattutto non sono coerenti con le indicazioni di orientamenti europei».

Ma lo scontro con il Comune è anche su un piano più ampio: il cantiere è stato delimitato e chiuso in primavera e, nonostante i lavori si siano fermati ad aprile, l’area è rimasta recintata e non utilizzabile per tutta l’estate. Per il Comune “perché insicura”; ma i cittadini e le cittadine insistono nel sostenere che le poche buche, fatte per effettuare i carotaggi alla ricerca di eventuali ordigni bellici, avrebbero potuto essere coperte per poter rendere fruibile la zona nella calda stagione estiva, in attesa dei lavori previsti per l’autunno, e anche per poter manutenere il prato.

Un parco per chi?

Soprattutto, ciò che viene contestato con forza, è il progetto piovuto dall’alto, imposto, senza alcuna iniziativa di confronto con cittadini e cittadine.
Il “percorso partecipato” sulla Montagnola è arrivato, infatti, a progetto fatto e a petizione lanciata, come a «normalizzare» il dissenso, contestano i firmatari. Durante l’incontro con i cittadini, la Capo di Gabinetto Matilde Madrid (il primo cittadino era assente per indisposizione ndr) ha assicurato un impegno di 600mila euro sulverdee i giochi/arredi, con risorse che potrebbero arrivare dal bando “Impronta verde”, oltre ad un avviso per la gestione degli spazi e un percorso per definirne la tipologia di utilizzo.
Resta per tanti cittadini e cittadine «la sproporzione tra le risorse investite “per il mattone” e quelle ipotizzate per ilverde».

Prati di Caprara: un Bosco urbano dalla “jungla” dei conflitti

di Comitato Rigenerazione no Speculazione


Da anni pomo della discordia tra chi li considera un bacino di “degrado”, quindi opportunità economica da “riqualificare” a beneficio di investimenti privati, e chi li vive come un polmone per la città, i Prati di Caprara sono un tema centrale per le attuali e future politiche ambientali di Bologna. La lotta dei comitati per la preservazione dell’habitat naturale e della sua destinazione pubblica fa leva su un profondo cambio di paradigma: da “verde percepito”, edificabile, a Bosco urbano innestato alla città.


I Prati di Caprara sono un’area ex militare demaniale complessivamente di circa 44 ettari, che negli ultimi decenni, e in particolare a seguito della dismissione delle caserme, è stata protagonista di un importante processo di naturalizzazione. L’area è distinta in due zone, ovest ed est. Nell’area Est (27 ettari) la sostanziale totalità degli edifici militari sono stati demoliti, e si è sviluppato un bosco urbano spontaneo, mentre nell’area Ovest sono rimasti edifici dell’area militare e una importante area verde, con alberi adulti e zone a prati.

Immaginitratte da: ‘IL BOSCO URBANO DEI PRATI DI CAPRARA servizi eco-sistemici e conflitto socio-ambientale’ di G.Trentanovi, A.Alessandrini, B.Roatti

Il bosco urbano spontaneo dei Prati di Caprara di Bologna come patrimonio ecologico di biodiversità e di sostenibilità

Il bosco dei Prati di Caprara Est è un ecosistema forestale di 27 ettari sito in Bologna, tra via Saffi e il torrente Ravone, nelle adiacenze dell’ospedale Maggiore, in una delle aree di maggiore inquinamento atmosferico di Bologna. Gli studi effettuati evidenziano il contributo che questo ecosistema svolge nell’erogazione di servizi ecosistemici unici e molteplici, di altissimo livello quali-quantitativo, e non compensabili dall’attuazione di progetti che ne prevedano l’eliminazione, anche solo parziale.

Dal punto di vista strettamente naturalistico, la biodiversità dell’area è molto elevata. Sono state infatti osservate:

  • 200 specie di flora (erbacea e arboreo-arbustiva): un numero di specie elevatissimo se confrontato con la biodiversità vegetale delle aree urbane regionali e non. Un buon numero di specie è tipico di ambienti boschivi, ottimo indicatore del grado di evoluzione ecologica dell’area in decenni di libera evoluzione;
  • 61 specie di uccelli, molti dei quali (es. rapaci notturni, l’usignolo, il pettirosso, ecc..) non presenti nelle aree verdi urbane convenzionali e di interesse conservazionistico (anche di interesse comunitario, quale il falco pellegrino che è spesso in volo sull’area per ragioni trofiche);
  • 40 farfalle: sono stati monitorati solo i lepidotteri diurni, senza monitorare i notturni che solitamente in rapporto ai diurni sono circa 10 volte di più;
  • 7 specie di erpetofauna: alcune recenti segnalazioni in aree contermini e collegate funzionalmente ai Prati di Caprara rendono molto probabile la presenza del tritone crestato italiano, Triturus carnifex, specie di interesse comunitario;
  • almeno 60 specie di funghi: numerosità di specie elevatissima anche paragonandola agli estesi ambienti collinari di Bologna e con diverse entità non comuni.

Per quanto riguarda i servizi di regolazione della qualità dell’aria e l’attenuazione dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici, sono ca. 720 i Kg di NO2 assorbiti all’anno e la vegetazione è in grado di catturare e metabolizzare da 900 a 1800 Kg di polveri sottili (PM2.5 e PM10); sono tra le 90 e le 260 le tonnellate di CO2 assorbite all’ anno per un pool di almeno 3500 tonnellate di carbonio stoccate. Le temperature superficiali durante i periodi più caldi sono di quasi 10 gradi inferiori rispetto all’ adiacente area dello scalo ferroviario e almeno 4-5 gradi inferiori rispetto alla terza cinta muraria.

foto: Gianluca Rizzello

Le previsioni urbanistiche sul bosco e la mobilitazione dei cittadini: un conflitto socio-ambientale

Nel Piano Urbanistico Generale (2020) il bosco dei Prati di Caprara è stato riconosciuto come elemento importante delle infrastrutture verdi e blu del territorio di Bologna, ma è stato individuato anche come sito dove eventualmente realizzare edilizia sociale e in affitto. Il PSC (Piano Strutturale Comunale) del 2009 individuava l’area come “ambito di sostituzione”, suscettibile di interventi edilizi con un mix di destinazioni d’uso dal residenziale, al terziario, al commerciale. Questa destinazione fu confermata dalle scelte del POC (Piano Operativo Comunale) del 2016 “Rigenerazione dei patrimoni pubblici”, che prevedeva per l’area oltre 1.000 alloggi e creava le condizioni perché nei vicini prati Ovest si potesse realizzare una grande struttura commerciale, previsione poi decaduta. Il sistema degli interventi nel quadrante dei Prati (che prevede anche un Prati Nord) era legato a doppio filo con quelli previsti nelle aree ferroviarie in via di dismissione (area Ravone), che se realizzati porterebbero alla costruzione di un vero e proprio nuovo quartiere nella città di Bologna.

Il recente PianoTerritoriale Metropolitano (2021), riconosce la destinazione ad area boscata di larga parte della zona (19,6 ettari su 27 circa), inserendola nell’Ecosistema boscato. In realtà questo riconoscimento dell’esistenza del bosco, era già presente nel progetto di rete ecologica allegato al PSC del 2009.

In conclusione, sull’area dei Prati di Caprara, pur a fronte di un crescente riconoscimento dell’esistenza di un bosco urbano con un elevato valore ecologico, continuano ad esistere quindi previsioni contraddittorie e rischi concreti di una sua edificazione.

Nel 2017 è nato un comitato di cittadin*, Rigenerazione no Speculazione, che si è opposto ai progetti di rigenerazione che avrebbero portato alla distruzione del bosco, secondo quanto previsto dal POC 2016 di “Rigenerazione dei patrimoni pubblici”, nell’ambito di una intesa quadro tra Comune di Bologna e Demanio. Il comitato ha sviluppato azioni di sensibilizzazione della cittadinanza e, attraverso mobilitazioni di protesta e promozione di studi e ricerche sul valore ecologico del bosco, sta lottando per una revisione radicale delle previsioni urbanistiche sull’area, attualmente affidata ad una società controllata dal Ministero Economia e Finanze, Invimit Sgr, per la sua valorizzazione sul mercato.

foto: Gianluca Rizzello

Le varie attività di informazione, divulgazione scientifica e disobbedienza civile promosse dal Comitato RNS hanno incrementato la sensibilità pubblica sul tema della preservazione del bosco e connessa strategicità ambientale-climatica e sociale, ottenendo il sostegno nella mobilitazione da parte di diversi gruppi, associazioni, altri comitati e movimenti sociali e ambientalisti. Il Bosco dei Prati di Caprara è divenuto così il bosco della discordia, come titolato da un noto quotidiano locale, o meglio un’area contesa tra visioni, politiche, sensibilità e logiche contrapposte, se non conflittuali.

In particolare, il Comitato ha promosso un processo partecipativo autogestito con un gruppo di cittadin* (ParteciPrati, 2017-18); un’istruttoria pubblica in Consiglio Comunale per la revisione delle previsioni urbanistiche sull’area (2018) che ha portato a un odg della maggioranza che accoglieva in parte le richieste del comitato, e un Dossier tecnico scientifico sui valori ecologici, naturalistici e sociali del bosco urbano dei Prati, che è stato trasmesso a tutte le istituzioni interessate (2020).

Contemporaneamente il Comitato RNS si è attivato nella promozione di una petizione cittadina – ‘Cambiare il POC si può’- con la principale richiesta di un Piano Operativo Comunale alternativo a quello del 2016 che ha raggiunto oltre diecimila firme cartacee; inoltre nell’ottobre 2018 una folla di circa 2.500 persone ha risposto all’invito ‘Abbracciamo il bosco’ distribuendosi lungo il perimetro dell’area in un abbraccio simbolico e protettivo; cinque mesi dopo,il 16 marzo 2019, al grido ‘Il bosco che cammina, il potere trema’, diverse migliaia di cittadin* vestit* da alberi hanno intrapreso una marcia festosa che ha attraversato la città fino a Piazza Maggiore, sotto alle finestre del Comune, testimoni di un bosco che lotta e si ribella alle speculazioni edilizie. Diverse passeggiate naturalistiche e didattiche, pic-nic, giornate di pulizia dai rifiuti, concerti, escursioni in bicicletta, semine per la ricorrente ‘Festa degli alberi’, organizzate regolarmente dal Comitato in questi anni, hanno dimostrato che il bosco è di fatto già fruibile, consentendo alla città di cominciare ad appropriarsene.

Il bosco dei Prati di Caprara è stato riconosciuto come “luogo del cuore” all’interno del 9º censimento della campagna del Fondo per l’Ambiente Italiano, grazie a una campagna promossa dagli stessi cittadini (17.727 voti, 19º posto nella classifica nazionale 2018, a fronte del dichiarato boicottaggio delle istituzioni cittadine, che avevano candidato l’originario edificio liberty delle Terme di Porretta come elemento di distrazione).

Il progetto di sistemazione dei sentieri e di valorizzazione naturalistica e didattica dell’area ha ricevuto il premio “menzione speciale” nel concorso Antartide 2019 “Bologna città civile e bella” promosso dal Comune di Bologna, Hera e Resto del Carlino.

foto: Gianluca Rizzello

Migliaia di cittadini sono attualmente attivi per preservare il bosco urbano spontaneo, che rappresenta anche un luogo identitario in quanto sede dal 1700 ad oggi di numerose vicende di rilevanza storico-paesaggistico (dinamiche interattive con i flussi del torrente Ravone e della canaletta Ghisiliera) e culturale (dalle tournee di Buffalo Bill alle partite a calcio di Pasolini). Per raccogliere queste tracce in una storia completa del sito il comitato ha creato e cura la pagina dedicata su Wikipedia, in italiano e in lingua inglese (https://it.wikipedia.org/wiki/Prati_di_Caprara). Nell’estate 2020 il comitato ha mappato la rete di sentieri interni al bosco urbano, dove realizza periodicamente passeggiate pubbliche con i cittadini per mostrare la bellezza paesaggistica e il valore ecologico del bosco, qui la mappa dei sentieri e la loro denominazione ispirata al valore storico e naturalistico del sito https://rigenerazionenospeculazione.wordpress.com/2020/06/21/inaugurazione-dei-sentieri-nel-bosco-dei-prati-di-caprara/

Per maggiori approfondimenti si rimanda al testo/dossier sul bosco dei Prati, ‘IL BOSCO URBANO DEI PRATI DI CAPRARA servizi eco-sistemici e conflitto socio-ambientale’ di G.Trentanovi, A.Alessandrini, B.Roatti, da cui sono tratte anche le informazioni e le immagini di questo articolo.

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