“Rigenerazione” alla Stamoto: ancora cemento e privatizzazione degli spazi pubblici?

di D(i)ritti alla Città


Il 1 aprile la stampa locale ha dato notizia di un accordo per la “rigenerazione” dell’ex-caserma Stamoto e non si è trattato di uno scherzo. Pochi giorni dopo infatti, giovedì 6 alle 11.30, è stata convocata a proposito la commissione consiliare Urbanistica, Edilizia, Ambiente, Politiche per l’Abitare, Benessere Animali. 

L’ex-caserma Stamoto è la più grande area militare abbandonata ad oggi priva di destinazione. Ce ne siamo occupati tempo fa in questo articolo nel quale ricordavamo che, nel gennaio 2020, il Comune di Bologna aveva siglato con il Ministero della difesa un accordo su quest’area che conteneva un’incredibile clausola di riservatezza: alle parti era vietato divulgare “le informazioni […] acquisite nel corso dell’espletamento delle attività” e il contenuto della “loro collaborazione ai sensi del Protocollo”. Scrivevamo che “la città deve essere tenuta all’oscuro fino a quando i giochi non saranno fatti”, e così è stato: l’assessore Laudani annuncia la sigla di un protocollo con l’Agenzia del Demanio, di cui nulla è dato sapere neppure in commissione. Come da copione, l’assessore racconta che ci sarà “un percorso che [vedrà] un forte coinvolgimento dei cittadini” e che le cittadine e i cittadini verranno coinvolti solo dopo che le decisioni saranno irreversibili. Ancora una volta non saranno protagonisti, ma comparse. 

È ormai sempre più diffusa, perché tangibile, l’opinione che nella “città più progressista d’Italia” – come l’amministrazione comunale ama auto-rappresentarsi –  la partecipazione sia solo un rito per mascherare accordi presi al di fuori di qualsiasi contesto aperto a un reale confronto e controllo democratico.

L’assessore elenca in modo generico “usi misti”, edilizia sociale, studentati, aree verdi, ma si guarda bene dal precisare di cosa sta parlando. Ecco quindi le domande che vorremmo porre e che ci saremmo attese di veder formulare dalla stampa e dal Consiglio Comunale, ridotto ormai a comparsa:

Cosa prevedono questi “usi misti”? 

Che tipo di edilizia sociale? La definizione di “edilizia sociale” vuol dire ben poco e non ha nulla a che vedere con l’edilizia popolare, di cui non c’è traccia. 

Gli studentati saranno pubblici o privati, con le conseguenti rette da capogiro e alla portata di pochi ormai largamente diffuse in città? 

Che estensione avrà l’area verde? E quanti alberi esistenti verranno abbattuti? 

Quali e quanti saranno gli usi pubblici? Saranno prevalenti o del tutto secondari?

Il Comune non fornisce approfondimenti e l’Assessore all’Urbanistica si rifiuta di informare il Consiglio Comunale, a sua detta per “rispetto istituzionale”! Eppure sono le risposte alle domande di cui sopra che contribuiscono a rendere le cittadine e i cittadini pienamente consapevoli di come si sta trasformando Bologna. 

Sappiamo solo, dalle parole dell’assessore, che ci “saranno interventi edificatori e abitativi molto significativi”. Tradotto significa cementificazione e privatizzazione di uno dei possibili giacimenti vegetali e sociali della città. Ecco cosa è lecito attendersi dalla “rigenerazione” della Stamoto, mentre mettendo a disposizione dei cittadini i parcheggi presenti nell’area l’Amministrazione intende conquistare subito la benevolenza dei residenti.


foto: Gianluca Rizzello

Non sparate sulla Delibera!

La partecipazione, quella vera, a Bologna fa paura. Il Comune mette subito i bastoni fra le ruote alla Delibera di iniziativa popolare sugli spazi pubblici, con intoppi burocratici mal costruiti.
Ma non finisce qui! Non ci fermeremo finché non giungeremo alla raccolta firme e alla discussione in Consiglio comunale.


Lo sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata, ma almeno speravamo che si permettesse al Consiglio comunale di esprimersi. E invece no! La Segreteria generale del Comune cerca di non farla nemmeno arrivare in aula, la Delibera di iniziativa popolare che porterebbe scompiglio nella giunta più progressista d’Italia. Sì, perché la Delibera sottrae gli spazi pubblici alle tante speculazioni (e interessi) che stanno spadroneggiando in città.

Dopo mesi di lavoro intenso tra centinaia di persone, gruppi, associazioni che hanno attraversato Diritti alla Città, supportate anche da giuristi, urbanisti, esperti di amministrazione locali e nazionali, in 15 giorni la Segreteria boccia la proposta.

La Delibera di iniziativa popolare è uno strumento di partecipazione cittadina prevista dallo Statuto del Comune di Bologna.Un Comitato di cittadine e cittadini presenta alla Segreteria generale del comune la Delibera che ne verifica la legittimità. 
Se accolta, si raccolgono almeno 2.000 firme in 3 mesi. La Delibera poi viene discussa e votata in Consiglio comunale.

Questa bocciatura è illegittima!

1) La proposta di delibera viene cancellata con una semplice lettera, mentre il Regolamento comunale prevede che la Segreteria si adoperi per rendere ammissibile la proposta, agevolando chiarimenti e integrazioni. Nessuno ha convocato il Comitato promotore! In barba alla partecipazione.

2) La Segreteria sostiene che la Delibera di iniziativa popolare deve essere un atto di indirizzo e non può prevedere “previsioni puntuali”. Non è vero! Lo Statuto non pone invece alcun limite alla natura della delibera. Si tratta di una restrizione arbitraria dei diritti di partecipazione.

3) Si rigetta la legittimità formale della Delibera con obiezioni di carattere politico che travalicano la competenza del Segretario comunale, esautorando addirittura il Consiglio comunale!

Cosa vuole la Delibera?

• Che gli immobili dismessi vengano recuperati e riutilizzati per le tantissime iniziative sociali, culturali e di interesse pubblico promosse e gestite dalle comunità.
• I 200 spazi pubblici non devono essere venduti, svenduti o subdolamente privatizzati, impedendo il loro uso collettivo e distruggendo porzioni di verde urbano.
• Le decisioni su questi beni che sono di tuttə devono passare attraverso un Tavolo cittadino permanente per la cultura e la gestione dei beni comuni, aperto alla società civile e alle comunità locali.

Per approfondire:
> SINTESI IN 9 PUNTI
> TESTO INTEGRALE
> dirittiallacitta@riseup.net

E poi hanno letto poco e male, tanta era la fretta di bocciare: avanzano una serie di eccezioni specifiche infondate, frettolose, prive di riferimenti normativi, oppure rimandano a norme per nulla pertinenti.

Lo Statuto del Comune prevede di facilitare il ricorso all’iniziativa popolare, non di ostacolarlo e liquidarlo con un tratto di penna burocratico!

Di fronte a questa incredibile forzatura, il Comitato per l’iniziativa popolare ha inviato al Comune un’articolata risposta contestando punto per punto le dichiarazioni di illegittimità. Si chiede una nuova valutazione e una tempestiva convocazione delle cittadine e dei cittadini che hanno scritto la delibera. 

L’unica partecipazione ammessa in questa città “campionessa di progressismo” è quella artificiosa promossa dal Comune, che chiama cittadine e cittadini a discutere cose secondarie, mentre le scelte importanti sono state già prese ben lontano dai loro occhi.

È inaccettabile. Non si può impedire – con motivazioni strumentali – che le persone conoscano e firmino la proposta di Delibera. Non si può impedire con una censura burocratica che il Consiglio comunale abbia la possibilità di discutere e deliberare su una proposta della cittadinanza così importante.

Non ci fermeremo!