InfestAzioni in città, un’intervista

Questo di via Stalingrado è il secondo insediamento che realizzate a partire dalla nascita di Infestazioni, una vera “odissea negli spazi”.
Riassumendo: lo spazio Cesare Ragazzi, il giardino del Cavaticcio della Palazzina Magnani. Dimentichiamo qualcosa?

C’è stata anche l’occupazione di BancaRotta*, che diciamo è stata la prima di questa nuova ondata post covid, un’occupazione anomala perché oltre a noi era formata da una cordata di gruppi molto variegata (fra cui anche voi di Diritti alla Città!). Sgomberata rapidissimamente anche questa, perché come da prassi il comune aveva fretta di lasciare vuoto quello spazio. Questa occupazione ha dimostrato che il comune in termini di sgomberi agisce esattamente come le grandi aziende private, anzi probabilmente anche più rapidamente.

* per maggiori informazioni: https://dirittiallacitta.org/wp-content/uploads/2021/11/thebancarotta_web.pdf

A DAC si ha come la sensazione che in città si applichino in maniera sempre più sistematica due pesi e due misure: occupazioni tollerate e altre invise; assegnazioni concordate di spazi e disconoscimento quasi aprioristico di alcune realtà. A partire dalla vostra esperienza, avete l’impressione che sia cambiato qualcosa di sostanziale nelle politiche bolognesi nell’arco degli ultimi 5 anni?

Possiamo casomai parlare di un accanimento sempre maggiore delle istituzioni locali, i democratici di “sinistra” di anno in anno hanno tollerato sempre meno forme altre di fare politica e di gestione degli spazi al di fuori dalle loro. 
A Bologna c’è stato un tentativo di sistematizzazione delle pratiche di gestione degli spazi a bando, determinando una politica del controllo sulle attività dei collettivi e una ricattabilità costante. Fondazione Innovazione Urbana ha assunto un ruolo centrale in questo processo. Perciò se non ti pieghi a questa logica sei fuori. Ma non pensiamo che questo penalizzi solo le realtà come noi che ritrovano ancora nell’occupazione un mezzo e un fine di costruzione del reale: questa modalità pone in una condizione di forte difficoltà tutto l’associazionismo che non comporta un tornaconto economico o di consenso.
È un impoverimento generale per la città.

Avete anche idea di chi e dove si prendano le decisioni su se quando e come sgomberare uno spazio temporaneamente occupato?

Il “temporaneamente” è un dato di realtà, non una nostra scelta. Da Minniti in poi lo sgombero è in mano alla questura, ma noi sappiamo bene che sono decisioni prese da strutture istituzionali, economiche e politiche di potere che si intrecciano fra di loro.

Il fatto di non avere uno spazio stabile, rende fluida anche l’identità di Infestazioni? Può essere considerato come un potenziale nuovo, oppure uno spazio stabile è essenziale per lo svolgimento delle vostre attività? Ci può essere una identità nomadica o il radicamento è l’unico modo per fare crescere un’esperienza?

L’identitarismo è un concetto che vorremmo tenere lontano dal nostro fare politico, la fluidità è uno dei nostri punti di forza al di là di avere uno spazio fisso o meno.
Probabilmente la natura a noi più congeniale è dentro uno spazio per portare avanti con agilità le nostre pratiche, ma la precarietà di spazi stabili dove riunirci ci ha temprate nell’essere più infestanti e adattive. Abbiamo imparato in questi momenti di stallo a fare maggiore autocritica, praticare l’ascolto e a scardinare certi automatismi radicati nelle quattro mura dello spazio fisico. Quello che ci ha insegnato il non avere uno spazio è che vogliamo che fioriscano in città molteplici autogestioni ognuna con le sue specificità.

Infestazioni nasce dopo lo sgombero di XM24, c’è ancora un collegamento storico o ormai possiamo parlare di una entità decisamente nuova? Come avrebbe senso percepirvi: come un collettivo, come un’assemblea, o come cosa altro ancora?

Alcun* di noi provengono dall’esperienza di XM24 e grazie a queste persone sono stat* tramandati, insegnati, molti saperi e pratiche che per l’appunto provengono da lì. Nel corso degli anni successivi allo sgombero del 6 Agosto 2019 e quindi delle successive occupazioni, si sono aggiunte all’assemblea tante nuove anime che ci hanno permesso di continuare mettendo in campo nuovi percorsi, saperi ed energie. Come avrebbe senso percepirci? Non crediamo che ci sia uno schema preciso, siamo un organismo fluido senza referenti che si adatta a varie situazioni.

In questo vostro ultimo insediamento, in via Stalingrado, state portando molte attività di confronto e discussione.
C’è in corso anche un percorso di studio sull’eredità teorica di David Greaber. C’è come la sensazione che nell’atmosfera creata da Infestazioni si privilegi il modus operandi, il metodo, rispetto all’ottenimento di risultati a tutti i costi.
Privilegiate l’orizzontalismo – anche se fa perdere tempo – rispetto al verticalismo che corre più veloce alla meta?

Crediamo che alla base di molta della sofferenza all’interno di questa società vi siano le strutture verticistiche che la regolano. È una sfida del quotidiano che ci permette di non dare mai niente per scontato, ma anzi a focalizzarci sulla decostruzione e sull’autocritica.
Del resto, come possiamo sperare di portare maggiore orizzontalità in questa società se non proviamo a farlo neanche nelle nostre vite?

Come avvengono le vostre assemblee? Come viene gestita l’eterogeneità delle posizioni? Avete un metodo, considerando che anche la sua eventuale mancanza rappresenta una scelta? Potete dirci qualcosa in merito?

Il metodo di cui ci dotiamo è il metodo del consenso. Per gestire le assemblee in modo che si arrivi a delle decisioni il più possibile condivise che integrino le singole sensibilità, i posizionamenti e che cerchino di tendere all’orizzontalità. Ci siamo dotati degli strumenti il più possibile adatti alla nostra natura. In alcune circostanze i metodi cambiano e si adattano ai tipi di assemblee e circostanze, è un continuo lavoro che ci spinge costantemente a metterci alla prova.
In passato abbiamo seguito formazioni per questo intento che ci hanno aiutato e ne abbiamo programmate altre per il futuro.

E una battuta su cosa significa partecipare, visto che va molto di moda?

La partecipazione è una delle retoriche utilizzate da chi ci sussume: noi ci mettiamo in gioco quotidianamente per non creare contenitori predefiniti in cui degli utenti possano partecipare, ma invece cerchiamo di co-costruire progettualità dal basso attraverso l’autogestione.

Quale sarà la vostra futura linea d’azione e di riflessione dopo questo ennesimo sgombero?

Questo sgombero non ha cambiato la nostra linea d’azione, continueremo a infestare e a contaminare la città per autodeterminare le nostre vite.


Foto di: Gianluca Rizzello, Dario Benegiamo, Infestazioni