Verso la manifestazione del 22 ottobre a Bologna

Gli spazi pubblici devono rimanere pubblici!


Gli spazi pubblici esprimono valori culturali e sociali non sostituibili e forniscono benefici ecosistemici ed ambientali vitali. Il loro processo di privatizzazione è ovunque sempre più esteso e aggressivo.

Grandi aree pubbliche dismesse, in particolare le aree militari e quelle ferroviarie, sono oggetto di enormi processi speculativi che le stanno trasformando in centri commerciali, abitazioni private, centri direzionali, parcheggi. Con l’alibi delle compensazioni arboree, è sempre prevista la distruzione di vaste aree verdi preesistenti. 

Interventi di privatizzazione di aree e strutture pubbliche rappresentano il cavallo di Troia per trasformare interi quartieri in zone riservate ai ceti benestanti, modificandone in modo irreversibile la composizione sociale: si pensi – ad esempio – al progetto in fase di approvazione definitiva per lo stadio San Siro a Milano, o a quello – per ora accantonato a seguito di una forte mobilitazione popolare – che a Bologna prevedeva l’edificazione di un quartiere residenziale da 1200 alloggi nell’area ex militare dei Prati di Caprara, rinaturalizzata spontaneamente a bosco negli ultimi 40 anni. 

Il turismo predatorio altera il volto dei centri storici, stravolge il mercato immobiliare causando di conseguenza l’espulsione degli abitanti, pretende che lo spazio pubblico possa essere vissuto soltanto pagando profumatamente per sedersi ai tavoli dei bar e dei ristoranti che lo invadono in modo sempre più massiccio e arrogante. 

Gli spazi autogestiti sono ovunque sotto attacco: a Bologna sono stati sistematicamente sgomberati, e i luoghi che prima erano attraversati da una moltitudine sono stati lasciati alla polvere. 

Per giustificare questa azione distruttiva dei beni comuni e dei legami sociali, si ricorre all’abuso e alla distorsione del concetto di “rigenerazione”, che il linguaggio politico dominante ha modellato come strumento di marketing per occultare la sostanza delle operazioni in atto, che non sono a favore della comunità locali ma agiscono contro i loro bisogni e i loro desideri. Questi processi, infatti, estromettono i ceti deboli e le loro attività economiche e di sussistenza dalle aree interessate dalle trasformazioni urbanistiche, e distruggono di conseguenza tessuti socio-culturali diversificati e vitali.

La visione del territorio come strumento di estrazione di valore economico è uno dei pilastri di un modello di “sviluppo” legato alla cementificazione e all’incentivazione del trasporto privato, elementi che sono alla base anche del progetto del “Passante”, un’infrastruttura già molto invasiva e inquinante nella sua configurazione attuale, il cui ampliamento porterebbe alla distruzione di una fascia di habitat che sino ad ora ha faticosamente resistito. Una distruzione che includerebbe anche l’habitat umano, dato che l’infrastruttura attraversa molti quartieri, i più popolari e anche quelli che già ne subiscono i maggiori danni in termini di salute. 

L’invadenza di questo modello altera anche il ruolo degli organi di governo locali. Le amministrazioni pubbliche stanno abdicando al loro ruolo di rappresentanza delle cittadine e dei cittadini e si stanno trasformando in organi di raccordo e facilitazione di interessi privati finalizzati ad estrarre valore dai territori. I processi di partecipazione che le amministrazioni locali mettono in piedi per coinvolgere la popolazione nei processi di “rigenerazione” sono solo una finzione per dare una parvenza di legittimazione sociale a decisioni che vengono prese altrove. Il Comune di Bologna è il più attivo nella costruzione di questa macchina di costruzione del consenso che – nella realtà – espelle gli abitanti dai processi decisionali. L’obiettivo finale è quello di rendere omogeneo ciò che per natura è differenziato: l’ecosistema della vita associativa fatto di gruppi formali e informali, popolato da elementi diversi, dialoganti e conflittuali, che l’amministrazione bolognese pretende di ricondurre ad un unico approccio unificatore in virtù dell’efficienza e della funzionalità, dando origine a una monocoltura di “cittadinanza attiva” selezionata per la sua capacità di adattamento e dipendenza rispetto ai bandi e alla partecipazione pilotata.

Parlare di spazi pubblici significa quindi parlare di democrazia, dei diritti di cittadinanza e dei beni comuni. Questa è la posta in gioco.

CONVERGERE PER INSORGERE
Bologna, 22 ottobre 2022, ore 15,

Piazza XX Settembre